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ScopriLa cultura berbera è tra le più affascinanti al mondo. Chi sono i berberi? Il loro nome significa “uomini liberi”, e sta ad indicare le popolazioni autoctone di diversi Paesi nord-africani: il Marocco, l’Algeria, la Tunisia, la Libia. Ed è proprio insieme a loro che, chi prenota un viaggio in Marocco, può vivere indimenticabili (e magiche) esperienze.
Per farsi un’idea di ciò che la cultura berbera è, la prima tappa è sicuramente Marrakech. Qui, nell’antica città del Marocco Imperiale, tra le piazze e le moschee, i suq e i giardini, si nascondono luoghi che permettono al viaggiatore di scoprire un po’ di più sui berberi e sulle loro tradizioni.
Dove andare? Sicuramente a Rahba Kedima, una piazza circondata da banchetti di “farmacisti” (o sarebbe meglio dire “guaritori”) che vendono ai locali misteriose pozioni e ai turisti spezie e cosmetici tradizionali, mentre - nel suo cuore - i venditori propongono agli stranieri i loro cappelli berberi in legno. E poi a Djemaa el-Fna, che di Marrakech è la piazza più famosa. Ovunque si posino i propri occhi, qui, è come se si entrasse in un incantesimo: ci sono saltimbanchi e incantatori di serpenti, cantastorie, artigiani e mercanti berberi.
Se poi si volesse approfondire un po’ la conoscenza del “popolo libero”, l’indirizzo giusto è il museo della Maison Tiskiwin: qui, un esploratore e antropologo olandese ha raccolto centinaia di opere raccolte durante le sue esplorazioni in Africa Occidentale, dalle selle dei cammellieri ai tappeti finemente intrecciati le cui decorazioni - un tempo - rappresentavano le stelle, e aiutavano i berberi ad orientarsi nel deserto.
Tuttavia, è nel deserto che si compie la vera magia. È qui, lungo le antiche vie carovaniere (che si possono percorrere persino in moto), che si possono scoprire piccoli gioielli come il villaggio di Asni col suo suq berbero e la moschea del XII secolo, o come - a 17 chilometri da Asni - la cittadina di Ourigane, incastonata in uno spettacolare paesaggio di castelli che, un tempo case per i cacciatori, sono ora stati trasformati in alberghi di design. E poi Imlil, dove ancora oggi vive una comunità berbera d’antichissima origine: qui, tra i muri a secco che racchiudono i giardini e i paesaggi montani set di “7 anni in Tibet”, si sorseggia tè alla menta con una vista che mai, altrove, si avrebbe modo di vedere.
Ma sono davvero tante, le vie carovaniere che in Marocco si possono percorrere. Nell’Alto Atlante centrale c’è l’antica via della Valle Ounila, che conduce sino alla roccaforte di Ksar di Ait Ben Haddou, realizzata in terra e paglia. E c’è la strada delle mille kasbah, che parte da Marrakech e raggiunge N'Kob, autentico gioiello candidato a diventare Patrimonio dell’umanità UNESCO grazie alle sue 43 kasbah, per poi addentrarsi nel deserto: lungo l’itinerario, le kasbah si susseguono l’una dopo l’altra. Costruiti a partire dal Seicento, questi castelli realizzati con la tecnica del pisé (che prevede la cementificazione di paglia e piccoli ciottoli) e decorati con motivi berberi scandiscono l’itinerario che - in passato - conduceva le carovane dal Marocco verso il Sudan e il Mali. Quando poi le kasbah lasciano il posto alla sabbia, ecco che si è pronti a vivere una tra le più incredibili esperienze che un viaggiatore possa compiere: un’escursione nel deserto, con pernottamento sotto le stelle.
Dormire in una tenda berbera, circondati dalle dune e con le stelle ad accendere la magia: è questa l’esperienza per eccellenza che il Marocco offre. Si parte da Merzouga, un'oasi nel cuore del deserto, un tempo luogo di sosta per le carovane che attraversano il Sahara e set di “Marrakech Express” di Gabriele Salvatores.
L’ideale è arrivare al campo tendato (che ospita in genere tra le 15 e le 30 persone) nel primo pomeriggio, per godersi una passeggiata tra le dune a dorso dei dromedari o a bordo di un quad, per conoscere un po’ di più della cultura berbera, e per aspettare poi il tramonto sorseggiando tè alla menta. La notte si dorme nelle classiche tende berbere, che non hanno niente in comune con le normali tende a cui siamo abituati: si tratta di vere mini-suite, con comodi letti singoli o matrimoniali. Il bagno è di norma in comune, all’esterno.
Ma non è semplicemente un modo di dormire un po’ diverso, questo. Pernottare in un campo tendato significa allontanarsi dalla frenesia, lasciar fuori il mondo. Qui non ci sono tv, non c’è connessione ad Internet: si cena intorno al fuoco, si canta, si balla. O semplicemente si ascolta il silenzio. Certi di portarsi nel cuore quei momenti pieni di magia.
A cura di Laura Alberti
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